Culto 24/11/2019 - Ultima dell’anno liturgico

di Ruggero Marchetti pubblicato il 24/11/2019 23:36:27 in culto 484

Ecclesiaste 1, 12 - 2, 26

"I vostri fianchi siano cinti e le vostre lampade accese" ( Luca, 12, 35 ).

Un pensiero dalla predicazione

thumbnail article Dopo avere nominato una prima volta Dio come colui che “ha dato ai figli degli uomini la sapienza come una occupazione penosa perché vi si affatichino”, l’Ecclesiaste torna a nominarlo nelle righe finali, per dire che è colui che dà come vuole agli uomini il bene e il male, gioie e dolori, senza che noi possiamo farci niente…

Non è una bella immagine di Dio. Pure, è un’immagine “forte”, che l’Ecclesiaste traccia quasi senza volerlo, e anzi contro voglia, forse anche con un pizzico di rabbia: “Dio dà all'uomo che egli gradisce saggezza, intelligenza e gioia, ma al peccatore lascia il compito di raccogliere e di accumulare, per lasciare poi tutto a colui che gradito agli occhi di Dio”. C’è qui un Dio che è il Signore delle vicende cosmiche ed umane, e che dirige tutto secondo la sua assoluta volontà. E certo un Dio così segna in maniera netta il limite dell’uomo a cui sottrae ogni dominio su se stesso e sulla sua esistenza, per prenderselo lui. Ma può anche essere, questo Dio “preponderante”, una meravigliosa possibilità per ciascuno di noi di affidarsi a qualcuno che non puoi mai comprendere in pieno perché è troppo più grande di te, ma a cui, proprio per questo, puoi affidarti con tutta sicurezza, come un bambino si affida alla sua mamma anche quando non sa il perché di tante cose e tanti atteggiamenti, ma sa che sua madre gli vuole bene, e lui ne vuole a lei, ed alla fine, soltanto questo conta!

Certo, bisogna saper credere, saper “fidarsi” di lui ed “affidarsi” a lui… E proprio questo manca all'Ecclesiaste. E allora in lui Dio provoca – come abbiamo già visto – molta amarezza e un pizzico di rabbia: se le cose stanno così, davvero, “anche questo è vanità e un correre dietro al vento”! È proprio così: l’Ecclesiaste – ed è questo il suo dramma – non riesce ad affidare a Dio se stesso e il proprio mondo, e allora tutto per lui diventa ripetizione, noia, vanità, gioie di un attimo… E non riesce ad affidarsi a Dio perché non si sente amato da Dio, e allora non lo ama neanche lui. E non si sente amato e non lo ama perché non prega, non si rivolge a lui nella preghiera…

Anche questo, purtroppo, è qualcosa che ce lo rende molto vicino: il nostro “fratello maggiore” Ecclesiaste. Negli ultimi decenni, noi valdesi abbiamo considerato più importante il fare del pregare, il chinarsi sulle sofferenze umane più cristiano dell’elevare la propria mente a Dio. E abbiamo trascurato la preghiera. E oggi non preghiamo… non sappiamo più farlo. Dovremmo reimparare lo stupore, l’incanto per il mondo e per la vita… tornare a avere degli occhi da bambini... Così potremmo a tornare a rivolgerci a Dio anche e proprio quando non riusciamo a comprendere il suo modo di agire, anche quando ci sembra che punisca in maniera immotivata i giusti e che premi i cattivi… perché lo sentiremmo come un padre o una madre, e un padre o una madre non amano i loro figli solo quando sono buoni, li amano e li curano sempre, solo perché sono i loro figli!


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