Salmo 98, 1 – 4; 8 - 9
Cantate al Signore un cantico nuovo, perché egli ha operato prodigi; la sua destra e il suo braccio santo l'hanno reso vittorioso.
Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza, ha manifestato la sua giustizia davanti alle nazioni. Si è ricordato della sua bontà e della sua fedeltà verso la casa d'Israele; tutte le estremità della terra hanno visto la salvezza del nostro Dio. Acclamate il Signore, abitanti di tutta la terra, date in canti di gioia e di lode
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I fiumi battano le mani, esultino insieme i monti davanti al Signore.
Poiché egli viene a governare la terra; egli governerà il mondo con giustizia, e i popoli con rettitudine.
Un pensiero dalla predicazione
“Cantate al Signore un cantico nuovo, perché egli ha operato prodigi”, così il salmista ha espresso la sua gioia; e adesso Paolo dice: “Non mi vergogno dell’evangelo, perché esso è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede”. Sentite come anche qui ci sia una grande gioia, e anzi un entusiasmo che va addirittura al di là di quello che ricolma di sé il Salmo 98? Dio ha fatto veramente grandi cose! Ha manifestato la sua potenza e la sua salvezza, perché l’Evangelo che l’Apostolo serve è una parola efficace, un’azione poderosa che inserisce nel mondo dei frutti che recano in sé semi d’eternità! Ma allora il Salmo 98 è una vera profezia, che anticipando i secoli a venire annuncia che “fino all’estremità della terra”, e perciò ben al di là dei confini di Israele, ci sarà la salvezza, legata all’annuncio della Parola di Dio. Paolo vede adesso l’intera storia dell’umanità portata a compimento dalla potenza sovrannaturale della Parola evangelica che annuncia; La predicazione dell’evangelo di Gesù Cristo è cioè l’evento decisivo che rende già presente in mezzo agli uomini il Regno di Dio che avrà la sua pienezza quando la storia umana giungerà alla sua fine ed intanto già adesso, nel nostro mondo umano, inaugura il mondo di Dio.
E in tutto questo c’è una parola che è comune al salmista e all’Apostolo: sia il primo che il secondo celebrano la “salvezza” operata dal Signore. È una realtà importante, perché abbraccia tutti i beni che Dio solo può donare per rispondere all’attesa dell’essere umano, oppresso ed angosciato davanti ad un destino che gli fa sospirare quella felicità che da sé non può darsi.
Il libro dell’Ecclesiaste, che è una profonda e realistica riflessione sull’uomo e sulla sua condizione, ci inchioda alla nostra realtà di esseri mortali e perciò limitati, che però portano dentro al loro cuore “il pensiero dell’eternità”, anche se non possono mai comprenderlo pienamente. Siamo insomma degli esseri finiti aperti all’infinito. È la nostra schizofrenia (l’Ecclesiaste la chiama “vanità”) che ci fa unici nell’intero creato. La nostra grandezza, ma anche la nostra miseria e la nostra infelicità…
Questo vale per tutti, per i “Giudei” ed i “Greci”, tutti creature in attesa e bisognose di qualcosa di nuovo, di diverso. E quali che siano le forme della loro attesa e la coscienza del loro bisogno, l’Evangelo è la “potenza efficace” di Dio che interviene e li salva… salva tutti. Sazia la loro attesa, colma il loro bisogno. Tutto questo, “mediante la parola”, la stessa poderosa Parola dell’Eterno che dall’inizio opera ciò che dice. Ha creato la terra, il cielo, tutto. Ha tratto fuori dalla terra d’Egitto i figli e le figlie di Israele, “li ha liberati da una casa di schiavitù”, e ha fatto loro dono della Legge. Ora proclama a tutti che “Gesù Cristo è il Signore alla gloria di Dio Padre”, e chiama tutti a credere in lui, e ha confessarlo come il loro Signore.