Culto 20/01/2019 - 2° dopo Epifania

di Ruggero Marchetti pubblicato il 20/01/2019 23:04:28 in culto 555

Giovanni 2 , 1 – 11

Tre giorni dopo, ci fu una festa nuziale in Cana di Galilea, e c’era la madre di Gesù. Gesù pure fu invitato con i suoi discepoli alle nozze.

Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno più vino”. Gesù le disse: Che c’è fra me e te, o donna? L’ora mia non è ancora venuta”. Sua madre disse ai servitori: “fate tutto quel che vi dirà”. C’erano là sei recipienti di pietra, del tipo adoperato per la purificazione dei Giudei, i quali contenevano ciascuno due o tre misure. Gesù disse loro: Riempite d’acqua i recipienti”. Ed essi li riempirono fino all'orlo. Poi disse loro: Adesso attingete e portatene al maestro di tavola”. Ed essi gliene portarono.

Quando il maestro di tavola ebbe assaggiato l’acqua che era diventata vino (egli non ne conosceva la provenienza, ma la sapevano bene i servitori che avevano attinto l’acqua), chiamò lo sposo e gli disse: “Ognuno serve prima il vino buono, e quando si è bevuto abbondantemente, il meno buono. Tu, invece, hai tenuto il vino buono fino ad ora”.

Gesù fece questo primo dei suoi segni miracolosi in Cana di Galilea, e manifestò la sua gloria, e i suoi discepoli credettero in lui.

Un pensiero dalla predicazione

Facciamo i sommeliers, degustiamo il vino delle nozze di Cana, cogliamo in esso alcune sfumature di gusto e di colore che ci aiutano a comprendere cosa sia quella “gloria” che Gesù ha manifestato e Giovanni ci fa cogliere.

Anzitutto, il vino di Gesù è il“vino abbondante”. Già prima abbiamo parlato di quanto liquido potevano contenere “i recipienti riempiti fino all’orlo”: in tutto, oltre seicento litri… Ce ne è davvero per tutti, e ne avanza ancora!

Ancora, come dice allo sposo “il maestro di tavola”, è il “vino conservato fino ad ora”. È l’ultimo vino servito ai commensali: è il vino “definitivo”, che inaugura il tempo di Dio, quello in cui non ci sarà più “prima né dopo”, perché tutto sarà eterno presente.

Infine, e soprattutto è il “vino buono”, il vino sopraffino. Il vino che è migliore di tutti quanti gli altri e ne riassume i pregi. È insomma il vino in cui si ritrovano insieme gli aromi deliziosi di quel “frutto dell’uva” che la Bibbia, che non è bacchettona come troppi cristiani lungo i secoli – spesso celebra come il simbolo stesso della gioia. Pensiamo al “vino che allieta il cuore dell’uomo” del bellissimo Salmo 104 che ha aperto il nostro culto. Pensiamo soprattutto al testo di Amos che è stato una delle letture di oggi. Amos, il primo dei profeti la cui predicazione ci è stata riportata per iscritto, è anche il più duro, Se c’è un “profeta di sventure”, è proprio lui… E però abbiamo udito come, alla fine del suo libro, anche Amos sogna, e canta la speranza del mondo rinnovato dalla manifestazione della gloria di Dio. Riascoltiamolo: “Ecco, vengono i giorni – dice il Signore – in cui l’aratore s’incontrerà con il mietitore, e chi pigia l’uva con chi getta il seme; quando i monti stilleranno mosto e tutti i colli si scioglieranno … e pianteranno vigne e ne berranno il vino.. e coltiveranno giardini e ne mangeranno i frutti…” (cfr 9, 13 ss.).

Sì.“i monti stilleranno mosto e tutti colli si scioglieranno”. Amos immagina che quando per Israele ci sarà la redenzione, dai monti aridi e bruciati della terra che da lui prende il nome, verrà giù una colata di mosto ribollente. E tutto allora sarà impregnato del profumo del vino, sarà fecondità e abbondanza mirabile… sarà una gioia eterna, senza fine…


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