Culto 18/11/2018 - penultima dell'anno liturgico

di Ruggero Marchetti pubblicato il 18/11/2018 22:12:11 in culto 394

1 RE 19 , 1 – 18

PARTECIPAZIONE DEI CATECUMENI DEL TERZO ANNO DEL SECONDO CIRCUITO.

Acab raccontò a Izebel tutto quello che Elia aveva fatto, e come aveva ucciso con la spada tutti i profeti. Allora Izebel mandò un messaggero a Elia per dirgli: «Gli dèi mi trattino con tutto il loro rigore, se domani a quest'ora non farò della vita tua quel che tu hai fatto della vita di ognuno di quelli».

Elia, vedendo questo, si alzò, e se ne andò per salvarsi la vita; giunse a Beersceba, che appartiene a Giuda, e vi lasciò il suo servo; ma egli s'inoltrò nel deserto una giornata di cammino, andò a mettersi seduto sotto una ginestra, ed espresse il desiderio di morire, dicendo: «Basta! Prendi la mia anima, o Signore, poiché io non valgo più dei miei padri!». Poi si coricò, e si addormentò sotto la ginestra. Allora un angelo lo toccò, e gli disse: «Àlzati e mangia». Egli guardò, e vide vicino alla sua testa una focaccia cotta su pietre calde, e una brocca d'acqua. Egli mangiò e bevve, poi si coricò di nuovo. L'angelo del Signore tornò una seconda volta, lo toccò, e disse: «Àlzati e mangia, perché il cammino è troppo lungo per te». Egli si alzò, mangiò e bevve; e per la forza che quel cibo gli aveva dato, camminò quaranta giorni e quaranta notti fino a Oreb, il monte di Dio.

Lassù entrò in una spelonca, e vi passò la notte. E gli fu rivolta la parola del Signore, in questi termini: «Che fai qui, Elia?». Egli rispose: «Io sono stato mosso da una grande gelosia per il Signore, per il Dio degli eserciti, perché i figli d'Israele hanno abbandonato il tuo patto, hanno demolito i tuoi altari, e hanno ucciso con la spada i tuoi profeti; sono rimasto io solo, e cercano di togliermi la vita». Dio gli disse: «Va' fuori e fermati sul monte, davanti al Signore». E il Signore passò. Un vento forte, impetuoso, schiantava i monti e spezzava le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. E, dopo il vento, un terremoto; ma il Signore non era nel terremoto. E, dopo il terremoto, un fuoco; ma il Signore non era nel fuoco. E, dopo il fuoco, un mormorio di vento leggero. Quando Elia lo udì, si coprì la faccia con il mantello, andò fuori, e si fermò all'ingresso della spelonca; e una voce giunse fino a lui, e disse: «Che fai qui, Elia?». Egli rispose: «Io sono stato mosso da una grande gelosia per il Signore, per il Dio degli eserciti, perché i figli d'Israele hanno abbandonato il tuo patto, hanno demolito i tuoi altari, e hanno ucciso con la spada i tuoi profeti; sono rimasto io solo, e cercano di togliermi la vita». Il Signore gli disse: «Va', rifa' la strada del deserto, fino a Damasco; e quando vi sarai giunto, ungerai Azael come re di Siria; ungerai pure Ieu, figlio di Nimsci, come re d'Israele, e ungerai Eliseo, figlio di Safat da Abel-Meola, come profeta, al tuo posto. Chi scamperà dalla spada di Azael, sarà ucciso da Ieu; e chi scamperà dalla spada di Ieu, sarà ucciso da Eliseo. Ma io lascerò in Israele un residuo di settemila uomini, tutti quelli il cui ginocchio non s'è piegato davanti a Baal, e la cui bocca non l'ha baciato».

Un pensiero dalla predicazione

La voce del Dio che si rivela nel “massimo silenzio” tronca i nostri silenzi negativi, ci strappa via dalla sensazione di abbandono e solitudine che sovente si impossessa di noi, in questo tempo di rapporti frantumati…

Anche su questo guardiamo ancora a Elia: prima del Monte Oreb, aveva ascoltato un altro silenzio: il silenzio del deserto, là sotto alla ginestra. Ma siccome in quel silenzio Dio non c’era, per Elia c’era solo la voglia di morire. Ma il Signore ha avuto pietà della sua disperata solitudine, e gli mandato un angelo a parlargli, lo ha chiamato ad andare sino a lui, e gli ha fatto sentire un silenzio diverso, benedetto, colmo della sua voce. Poi alla fine, prima di rimandarlo a riprendere il suo compito, gli ha fatto dono di tanti altri suoi angeli, tanti altri suoi inviati: i “settemila uomini il cui ginocchio non s'è piegato davanti a Baal, e la cui bocca non l'ha baciato”. E così Elia non è più mai stato solo.

Neanche noi siamo soli: qui noi siamo chiesa, una comunità. Uomini e donne, ragazzi e ragazze, tutti raccolti attorno alla voce, alla parola del Signore, e insieme tra di noi. Umanità in ascolto e umanità che, per questo, può parlare, uscire dal silenzio negativo, da quell'incapacità di comunicare anche, e a volte soprattutto, con le persone che ci sono più vicine che caratterizza tanti momenti delle nostre giornate e della nostra vita.

Nell’ordine del culto è riportata l’immagine di un quadro molto noto che è un po’ il simbolo delle nostre incomunicabilità. È il famosissimo Grido del pittore norvegese del primo Novecento Eduard Munch; Un uomo che, in un mondo dai colori allucinati, urla con tutta la bocca spalancata… talmente spalancata e talmente grande, quella bocca, che mangia tutto il viso. Ma la cosa davvero impressionante è che tu vedi l’urlo e non lo senti. E quel grido ti lacera proprio perché non lo senti… è una disperazione muta che non riesce a venir fuori… a diventare voce...

Il Signore oggi ci ha convocati perché vuole riempire con la sua “voce del massimo silenzio” i nostri silenzi angosciati e angoscianti. Lasciamoci interrogare, scuotere e rinnovare dalla sua voce. Che entri e colmi di sé il silenzio che abbiamo dentro e che spesso ci blocca, perché da “buco nero” diventi vita, pace, gioia… non più grido strozzato, ma parola e canto. Una parola e un canto di speranza, di comunione e di riconoscenza.


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