2 SAMUELE 7, 1 – 17
Iniziamo oggi un Avvento molto diverso da tutti gli altri: un Avvento che non sembra neanche Avvento: negozi chiusi, poche luminarie e invece paura, preoccupazione, tristezza. Ogni giorno viviamo aggrappati ai numeri del Covid, e alla ua strana logica per cui “positivo” è diventato una parola infausta e “negativo” invece è liberante; e parlando, ci siamo abituati a usare termini prima quasi estranei al nostro vocabolario: “tamponi, “tracciamento”, “terapie intensive”… E soprattutto poi ci sono i morti: le tante, troppe morti quotidiane.
Siamo invitati a vivere un “Natale sobrio”, ed insieme però chi ci richiama alla sobrietà, di dispone a una serie di riaperture, sperando che riprendiamo ad acquistare proprio in vista del Natale. Perché c’è la salute, ma c’è l’economia, e anche lì ci sono bollettini di guerra: tanti nuovi poveri, tanti posti di lavoro persi, tanti futuri incerti.
Quello che è certo e che quelle che ci aspettano saranno sicuramente festività in tono minore. Forse però proprio i minori “effetti speciali” a cui dovremo adattarci, ci aiuteranno a riscoprire il vero senso di questo periodo dell’anno, che non il tempo dell’anno in cui vale un generico invito “alla Dickens” ad essere più buoni, né tantomeno è il tempo dell’arrivo di quell’obeso portatore di regali con la gran barba bianca e col vestito rosso inventato dalla Coca Cola. Per noi cristiani il tempo dell’Avvento e del Natale, è il ricordo di una nascita avvenuta in condizioni di povertà, nel “terzo mondo” di allora. La nascita, avvenuta nel silenzio, di una persona che avrebbe cambiato il mondo; gli avrebbe dato una speranza vera, nel segno di Dio, nel segno dell’amore.
Sappiamo chi è quella persona, conosciamo il suo nome; oggi vorrei però chiamarlo in una maniera particolare, come egli stesso, Gesù, s’è definito nel quint’ultimo versetto dell’Apocalisse, e perciò della Bibbia: “Io sono la radice e la discendenza di Davide” (vedete come questo ci riaggancia direttamente all’oracolo di Dio a Natan?); e poi ha aggiunto: “Io sono la stella luminosa del mattino”.
Alla mattina presto, quando è ancora buio e dal mio studio guardo verso il cielo, se è sereno, mi incanto a guardare proprio lei, Venere, “la stella del mattino”, che brilla e annuncia l’alba, e poi sparisce e lascia il posto al sole. Le poche luminarie di quest’anno forse ci consentiranno di vedere un po’ meglio le stelle. Guardiamo alla “stella luminosa del mattino” che ha iniziato a brillare quella lontana notte di Betlemme e ci ha annunciato l’alba di un mondo nuovo, se lo vogliamo accogliere. Senza bisogno di renne né di slitte, sarà il più bel dono che, nella nostra vita, avremo ricevuto.
Il pastore