Marco 20, 23 - 28
In un giorno di sabato egli passava per i campi e i suoi discepoli, strada facendo, si misero a strappare delle spighe. I farisei gli dissero: «Vedi! perché fanno di sabato quel che non è lecito?». Ed egli disse loro: «Non avete mai letto quel che fede Davide, quando fu nel bisogno ed ebbe fame, egli e coloro che erano con lui? Com’egli, al tempo del sommo sacerdote Abiatar, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani di proposizione, che a nessuno è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche a quelli che erano con lui?». Poi disse loro: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato; perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato».
Un pensiero dalla predicazione
La parola centrale di questa pagina di Marco è “libertà”. Qui tutto si gioca… è questione di libertà!
E che qui la questione sia la libertà, e cioè la più grande delle questioni, la sola degna di Dio, è Gesù stesso che lo mette in chiaro nell’affermazione con cui chiude la sua discussione con i farisei: “Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato”.
È una parola che non si trova da nessuna altra parte, una parola che non si preoccupa minimamente di giustificare un’eventuale eccezione alla regola, ma con la quale Gesù si riallaccia direttamente all’origine stessa del sabato, ed in particolare al grande racconto della creazione in Genesi 1. Se ricordate, Dio crea la luce, il firmamento, il mare e la terraferma, e le piante, e il sole, la luna e le stelle, e gli esseri viventi del mare, della terra e del cielo; e poi alla fine, quando ha preparato tutto quello che serve perché l’uomo - l’unico essere da lui fatto “secondo la sua immagine e la sua somiglianza” - possa vivere in un mondo adatto a lui, soltanto allora lo pone al centro di tutta la sua opera, perché ne sia il gestore ed il beneficiario./p>
Ma non si limita a questo. Dopo averlo messo al mondo, fa all’uomo un ulteriore meraviglioso dono: lo chiama ad aver parte alla sua gioia.
Dio infatti, ai sei giorni in cui ha creato ogni cosa, ne aggiunge un altro: il settimo, il giorno del suo riposo e della sua gioia, in cui il Signore Dio contempla soddisfatto tutto ciò che ha creato, e lo benedice e lo santifica. Poi dona quel giorno all’uomo, perché riposando anche lui ogni settimo giorno, condivida con lui la sua gioia per la creazione.
Insomma, fin dall’inizio - potremmo forse dire fin dalla mente stessa del Creatore - il sabato è per l’uomo il dono divino di un tempo in cui, libero dalla preoccupazione del lavoro, possa guardarsi attorno, e così gioire della bellezza del mondo che è il suo mondo, e della comunione con chi gli vive accanto senza che ci sia più differenza fra il padrone ed il servo, e fra l’uomo e la donna, e l’ebreo e lo straniero (perché – come troviamo scritto nel quarto comandamento - Dio dona il giorno del riposo anche alle figlie, ai serve ed alle serve e allo straniero che vive in Israele). Sì, tutti e tutte insieme e con la stessa dignità (perché se tutti riposano nel medesimo modo non c’è più chi comanda e chi ubbidisce) godono al sabato di tutto ciò di cui il Signore ha fatto loro dono perché insieme ne gioiscano, e lo ringrazino e gli rendano lode.
Il pastore
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