Geremia 1, 4-10
La parola del Signore mi fu rivolta in questi termini: «Prima che io ti avessi formato nel grembo di tua madre, io ti ho conosciuto; prima che tu uscissi dal suo grembo, io ti ho consacrato e ti ho costituito profeta delle nazioni». Io risposi: «Ahimè, Signore, Dio, io non so parlare, perché non sono che un ragazzo». Ma il Signore mi disse: «Non dire: “Sono un ragazzo”, perché tu andrai da tutti quelli ai quali ti manderò e dirai tutto quello che io ti comanderò. Non li temere, perché io sono con te per liberarti», dice il Signore. Poi il Signore stese la mano e mi toccò la bocca; e il Signore mi disse: «Ecco, io ho messo le mie parole nella tua bocca. Vedi, io ti stabilisco oggi sulle nazioni e sopra i regni, per sradicare, per demolire, per abbattere, per distruggere, per costruire e per piantare».
Un pensiero dalla predicazione
Cinque sono i passaggi che caratterizzano questa vocazione…
(1) Il primo passaggio è l’INIZIATIVA DI DIO. Prima ancora che fosse nato, Dio aveva già incontrato Geremia nel suo pensiero e messo da parte per un progetto speciale: essere profeta. L’idea di fondo è la seguente: Dio è Signore nostro ancora prima che ne siamo coscienti. E ancor prima di una consapevolezza della nostra esistenza, egli ha già preparato un progetto per noi. Egli non è solo il Signore dei viventi, ma lo è anche dei non ancora viventi i quali solo mediante lui e la sua continua creazione, riceveranno vita. E nel dare vita a Geremia, Dio aveva pensato ad un compito speciale per lui; renderlo messaggero per le nazioni e non solo per Israele.
(2) All’iniziativa di Dio segue una RESISTENZA da parte di Geremia. «Ahimè, Signore, Dio, io non so parlare, perché non sono che un ragazzo». Quanto riguarda l’età, non è facile stabilirlo, ma il fatto che non si sentisse a suo agio nel parlare in pubblico, significa che probabilmente era una persona timida, introversa e che verosimilmente non aveva ancora raggiunto la maggiore età. Da sottolineare, è che il rifiuto di Geremia, secondo i canoni anticotestamentari, è la prova dell’autenticità della sua chiamata. Tutti i profeti chiamati dal Signore hanno avuto da obiettare… Non a caso Mosè è il sommo profeta, perché oltre al grande incarico di liberare Israele dalla schiavitù, condurre il popolo nel deserto e dare le tavole della legge, si è distinto anche nell’obiettare. Infatti sono ben cinque le obiezioni che rivolge alla chiamata del Signore. E a tutte queste obiezioni a COLUI CHE È, Dio – per confermare che è lui il prescelto – trova una soluzione.
(3) Anche per Geremia arriva la conferma del Signore mediante una SOLUZIONE alla sua preoccupazione. Dio lo rassicura. “Non temere, perché io sarò con te”.
(4) A queste parole segue poi un GESTO che ritroviamo anche nella vocazione di profeti come Isaia (6,7), Ezechiele (2,8-3,3), Daniele (10,6). “Il Signore stese la mano e toccò la bocca di Geremia dicendogli: «Ecco, io ho messo le mie parole nella tua bocca. Vedi, io ti stabilisco oggi sulle nazioni e sopra i regni»”, come per assicurarlo che finché avrà questo incarico, sarà intoccabile perché la parola di cui ora è portatore, è una Parola potente, efficace e superiore a qualsiasi potenza esistente in questa terra. Una parola che, una volta pronunciata, è inarrestabile.
(5) Ma soprattutto, di questo testo vocazionale, a colpirmi è l’ultima parte che conclude la chiamata del profeta: ovvero IL CONTENUTO DELL’INCARICO assegnato al profeta. Centro del discorso è la Parola di Dio. Essa è la vera sovrana che, una volta pronunciata, determinerà le sorti del Tempio di Gerusalemme, dei suoi abitanti e di conseguenza anche delle nazioni circostanti. Essa è superiore ad ogni regno ed autorità. Una volta pronunciata è indomabile!
Kassim Conteh
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